Se mi chiedi qual è la più bella cosa di una goccia d’acqua, ti dico la trasparenza. Se mi chiedi che cosa mi fa venire in mente la sua forma? La perfezione e la similitudine tra una e l’altra. Gemme delicate che dalla fonte cadono regolari e determinate fino a scavare il sasso. Se mi chiedi la qualità che apprezzo è il suono dei gorghi di un ruscello o del frastagliarsi di un’onda sulla battigia. E poi, della più arcaica ed eterna materia, la sua fluidità tenace e resiliente a ricongiungersi con il grande mare.
Era estate. Noi, bambini. Ricordo tante bellissime gite in montagna e allegri pic nic sul greto del torrente. Camminate spedite verso il fondovalle; posavamo lo zaino, via gli scarponi e… in un attimo eravamo con i piedi al fresco nell’acqua cristallina. Poi iniziava il gioco più bello: la costruzione della diga di sassi. I babbi esperti andavano in cerca di graniti dalle forme squadrate e adatte alla costruzione. Il tempo di mangiare il nostro pranzo al sacco, addolcire il primo pomeriggio con frutta secca e quadratini di cioccolato e già eravamo lì a osservare l’acqua che cercava altre strade prima di travolgere la piccola diga e riprendere baldanzosa il suo cammino.
Capita, nel corso dell’esistenza, di trovarsi davanti a uno sbarramento. Un ostacolo imponente che ostruisce il fluire delle energie e del quotidiano. Che blocca i nostri progetti. E a volte, per segreti e incomprensibili meccanismi dell’anima, ne siamo proprio noi gli ingegneri…. La nostra prima reazione? La mente si allerta e, pragmatica, propone schemi e logiche ineccepibili, relegandoci nell’angolo di difficili strategie e alibi dalla potenza logaritmica.
Immagina ora la prima goccia che sgorga dalla sorgente pronta a cascare sulla superficie rigida della roccia di granito; se potesse pensare, vivrebbe nel terrore di quella caduta, presagita come una fine rovinosa. Rigida di paura, smetterebbe di fluire, perdendo la sua qualità preziosa, quella della resilienza. E invece no, lei scivola fino sul bordo e poi ‘pluf’, eccola trasformarsi in tantissime piccole entità al contatto con l’ostacolo; così tanto piccole da non sentire l’incontro con la superficie respingente della pietra e addirittura abbracciarla per scivolare oltre. Se dunque la definizione dei confini, il sapersi riconoscere nella propria qualità di analisi e definizione del sé sono valori importanti, lo sono anche la fluidità e la capacità di aderire e fonderci all’esperienza estranea che abbiamo dinanzi.
La cosa bella è che siamo composti al 60% da acqua. Cristalli la cui forma, come ha dimostrato lo scienziato giapponese Masaru Emoto, dipende dall’imprinting emozionale cui essa vene sottoposta. I cristalli modificano la propria struttura in relazione dei messaggi che ricevono. Se stimolati con vibrazioni di parole e pensieri positivi, assumono forme preziose; se le vibrazioni e le parole sono negative, essi reagiscono creando strutture amorfe e prive di armonia.
La nostra essenza è come un grande cristallo lucente, capace di fluire e di risuonare con la gioia e la speranza, come le miriadi di molecole che lo compongono. Allora, cara anima, sei pronta a dire un SI incondizionato e fiducioso alla vita e alla spinta evolutiva dei suoi arcani percorsi? Sei pronta a trasformarti nella goccia preziosa e resiliente che scorre per ritrovare la direzione del grande mare?