Se il bruco sapesse di diventare una farfalla sarebbe, come noi umani, concentrato appassionatamente su quell’obiettivo. Focalizzato e con un’aspettativa di realizzazione spesso tale da non vivere con una presenza consapevole tutti gli istanti che compongono la vita in quel preciso tragitto. Ma lui, il bruco, semplicemente attende; con fiducia e per il tempo che l’Universo gli concede per la sua magnifica realizzazione.
Noi invece abbiamo fretta. Vorremmo che tutto si realizzasse velocemente, spesso disposti anche a compromessi, pur di accelerare le cose.
Avere degli obiettivi e delle ambizioni è una bellissima energia che sospinge l’animo umano e porta avanti quel processo di soddisfazione e consapevolezza propri del nostro cammino evolutivo. Molte volte tuttavia i nostri obiettivi – anche quelli più grandi – non solo non si avverano, ma franano per cause avverse. Eppure, è proprio in quella circostanza che, accogliendo i fatti per quello che sono e lasciando da parte le emozioni negative, possiamo sperimentare l’incontro con una parte più vera di noi, il nostro sé. Sì, perché avere e realizzare determinati scopi tante volte risponde a un bisogno più subdolo, quello di essere riconosciuti, accettati, oppure di dimostrare o portare a buon fine cammini interrotti prima di noi, magari dai nostri antenati. Più semplicemente il nostro ego ha bisogno di soddisfazioni rapide, verificabili. Di consensi, di applausi. E se non riusciamo nell’impresa, esso ci porta a pensare che abbiamo fallito, che non valiamo nulla. E, fateci caso, ne siamo subito certi; in un attimo non ci piacciamo più. La nostra immagine nello specchio diventa una caricatura, convinti di essere la copia mal riuscita di quell’icona di perfezione che la nostra mente aveva così bene progettato.
Il fallimento è una parola terribile che non lascia spazio ad altre possibilità. È grave, è ineluttabile. Ci fa sentire imperfetti, indegni e pronti a rincarare la dose con una nuova ventata di ambizione e sfida. Ancora, e ancora, finché la nostra maschera diventa guerriera e inossidabile, di scorza e parole coriacee finché il distacco con ciò che siamo veramente diventa un abisso. Proviamo allora a rinominare il fallimento come un successo che non si è ancora manifestato o meglio, come una nuova possibilità. Una rinascita. Non trovare un affetto, un lavoro, un’occasione sono esperienze molto spiacevoli e frustranti. Perderli, ancor peggio. Ma a ben vedere certe esperienze faticose in molti casi preludono a qualcosa di molto più significativo per il nostro compimento. L’universo si sta organizzando per noi e per il nostro più elevato progetto di auto realizzazione.
E così, partiamo per un fine settimana inatteso, fuori dal copione della nostra perfetta determinazione. Se non avessimo perso il lavoro avremmo dovuto essere in una grande sala riunioni, magari a recitare la parte dei rampanti e perfetti ‘problem solver’ e invece siamo sulla macchina sgangherata di un’anima amica che ci ha invitati all’ultimo momento per una ‘zingarata’. Poi c’è quel piccolo b&b con le lavande secche e un buon profumo di mare d’inverno. Una passeggiata a piedi scalzi sulla battigia fredda. Cose semplici e inaspettate, eppure già disegnate per noi nel grande solco. E consapevolezze, attimi di libertà, risate matte. Non c’interessa il telefono, i giorni della settimana, la paura dei chili di troppo. Accoccolati nella lentezza e nei silenzi della trasformazione. Nella complicità e nella bellezza delle cose che accadono facili. In quella dimensione spontanea e partecipe la vita prende forma; il nostro talento torna a noi e gli occhi finalmente riprendono a brillare come stelle belle.
E quell’idea, sempre messa da parte… Quel progetto di cui non abbiamo mai nemmeno osato parlare. Figuriamoci credere che invece potrebbe un giorno essere il coronamento della nostra esistenza! Sì, ma la coerenza, mi direte voi…Ho esercitato una benemerita professione, fatto esperienze e ottenuto consensi tutta la vita e poi, per un capriccio viro vita; così, come cambiare taglio di capelli? La coerenza è la prigione del cambiamento e delle sacrosante vibrazioni della vita. In fondo, come diceva Friedrich Nietsche, è dal caos che nascono le stelle; non certo da vite ordinate, prevedibili e perfettine, aggiungo io! Il nostro Sé si nutre di energia, non di condizionamenti.
Eccoci allora su quella spiaggia di piccoli ciottoli a scrivere le prime idee di progetto sul tovagliolo della focaccia. Se fossimo un bruco, in questo istante sentiremmo un forte desiderio di librarci, sostenuti da ali magnifiche. È adesso il momento del compimento, maturo per noi. Così tanto vicino da non riconoscerlo nemmeno; un po’ come guardare le onde senza mettere a fuoco. Nel flou, tutto fluttua e si fonde. Finisce e ricomincia.
Benvenuti nel tempo della creazione e della gioia suprema!