Chissà se ho più paura di morire per un virus o una bomba atomica; di morire di fame e povertà, di abbandono, oppure in una terrificante apocalisse? Morire di depressione, solitudine? Di morire, per paura di morire?
E se invece di lasciarmi schiacciare dalla paura provassi finalmente a permettere alla vita di fiorire e manifestarsi con gioia e abbondanza in ogni mio gesto, parola e azione?
‘Certo, a essere realisti…’ – mi potrete ribattere -‘Bisogna guardare la realtà in faccia’… ‘Inutile fare finta di niente’… ‘Utopie’… ‘La realtà è diversa’… ‘Altro che buonismo e pacifismo’…
In effetti la realtà è quella che nutriamo in ogni momento con i nostri pensieri, parole e azioni e, a di là di propagande e prese di posizione, esiste una variante inequivocabile: il vissuto di ognuno di noi. Noi, e non solo il nostro sguardo critico sul mondo, ma anche le ombre che ci abitano e che proiettiamo sulle vicende esterne; con discreto accanimento quando non siamo totalmente congelati e anestetizzati dalla sofferenza e dallo smarrimento. Sì, ognuno di noi con il suo bel carico di sofferenze, paure e traumi. Impotenti quindi, se è vero che anche le notizie più terrificanti sembrano lasciarci indifferenti. Oppure polemici, quando dobbiamo affermare la nostra ‘visione’ geopolitica e non ammettiamo contradditorio; tifosi, quando l’altro non è più un avversario ma diventa un nemico.
L’ondata traumatica attuale che si aggiunge alle stratificazioni di trauma collettivo generazionale e geopolitico, è una coltre talmente spessa e paralizzante da farci sentire completamente impotenti. “E adesso cosa faccio? Vorrei essere utile, impegnato, partecipe, prendere posizione, se solo servisse a qualcosa.”
Invece di voler a tutti i costi affermare una verità storica, indizio sacrosanto di ‘impegno’ e ‘coerenza’ ci fermiamo un attimo e proviamo per un istante ad andare oltre.
Respiriamo ascoltando il corpo chiedendoci: “come sto in questo momento? Smetto di dire, fare e pensare e ascolto, semplicemente. Cosa provo o, al contrario, non riesco più a provare?”
Ti propongo di prendere del tempo per te e stare con la paralisi emotiva e i cocci della realtà frammentata e traumatizzante che ci circonda. Porta consapevolezza sul tuo battito: “accolgo la paura, lascio che mi attraversi ed entri nel mio respiro. Ora la sento; vibra in ogni fibra del mio essere e non è solo mia, ma anche degli altri, perfino degli ‘avversari’. La paura del domani, la paura di aver fallito tutto, la paura di non essere all’altezza, la paura per i nostri figli.
“Mi permetto di stare con l’ombra e di respirarla. È davvero tutta la paura del mondo!”
Lacrime, tremori, ricordi. Potranno emergere i racconti dei nonni resi meno drammatici da una buona merenda e il linguaggio rassicurante di chi ti ama e vorrebbe per sempre preservarti dall’orrore (ma sa bene che non è possibile). Stai presente a questo, testimone attivo anche della forza e del coraggio di chi come loro, ha saputo salvarsi, portare avanti la vita e onorarla.
Ora è tempo di guarire tutto questo trauma accumulato nelle generazioni; trauma che, per ‘scongelarsi’, chiede di essere visto, elaborato, trasformato.
Condivido qui questo video di Thomas Hübl sulla crisi dell’Ukraina. Una mente illuminata. Ho seguito uno dei suoi corsi di formazione sui Principi di Guarigione Collettiva del Trauma. Inoltre, ho partecipato con orgoglio al programma Pocket Project e sono impegnata nel programma di Global Social Witness Calls.
Ieri sera dopo la diretta hanno condiviso la loro esperienza persone di diversa provenienza ed è stato davvero molto toccante. Abbiamo accolto e onorato ogni testimonianza in uno spazio sacro e compassionevole.
Ci vuole coraggio ad affrontare questo enorme vuoto paralizzante, eppure, la vita sta al fondo di quella bolla immane e alienante di paura. Ascoltare l’altro con amore incondizionato e cercare la fiamma al fondo dei suoi occhi è una guarigione per tutti. Da questo sento che possiamo ripartire.
Namasté