La parola amore

Ti onoro, Padre,

sei il contorno bianco di una nuvola e il vento che la manda via.

Ti ringrazio, Madre,

sei il petalo di un fiore che danzerà nel mio ventre per sempre.

Per sempre.

Oh vita, lasciati danzare!

Che io sia riverbero perfetto di voi, del vostro amore.

E così sia

Oh padre vai,

madre, che accogli.

Grazie, se sono nella vostra grazia.

Che io possa danzare e gioire felice.

Felice di voi. Da voi.

Nel vento, nel sole,

nell’eterno divenire.

Improvvisazioni dell’anima. Sì, fidarsi del proprio istinto, connessi all’energia dell’universo, vivendo l’attimo presente. Non c’è da aspettarsi alcun risultato, nessuna sfida a fare meglio o bisogno di convincere chi ti ascolterà. Qui e ora c’è soltanto il tuo assoluto essere partecipe; istante per istante, aperto ad accogliere tutto il potere creativo della vita.

È nato così il progetto ‘La parola amore’. Un pomeriggio a casa del nostro amico Althair a improvvisare su alcuni tappeti armonici accogliendo suoni e parole dall’alto. Althair ha abbozzato percorsi sonori e tappeti ritmici su cui improvvisare. Una ‘tabla’, un ‘bansuri’: suoni che evocano terre lontane. Mentre ci prepariamo, lui controlla i livelli, ci chiede se vanno bene. Guardo il mio sposo che monta con delicatezza il ‘keever’ e sceglie un’ancia nuova. Poi prende il suo sassofono e lo aggancia al collarino nero. Lo tiene con cura, con un amore speciale. Ha imparato a cullare così anche nostra figlia, esile e rassegnata. Ci siamo fidati di questi gesti e di queste parole. Abbiamo pianto, riso, urlato, pregato e accarezzato. È così che è rinata.

Un’ultima verifica del volume del microfono. Danilo e io ci guardiamo, osserviamo ogni nostro gesto e, in quell’istante, affidiamo all’improvvisazione del momento il nostro grido d’amore.

Le sue note si arrampicano verso l’infinito, mentre io libera davanti al microfono, lascio che affiorino parole lente e potenti. Un pensiero lo abbiamo avuto entrambi: è una preghiera per lei, nostra figlia. Danilo ora accenna un tema. Sono le note più belle che io abbia mai sentito. E io, lascio che parli la voce della mia anima. O forse, della sua. L’anima di nostra figlia. L’anima del mondo.

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Sì desidero fare questa esperienza.